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Cosa si intende per sindrome ‘long covid’?

Tutti noi conosciamo i classici segni e sintomi clinici dovuti al COVID19 in fase acuta. Un esito negativo al tampone molecolare sancisce, nella maggior parte dei casi, la guarigione dall’infezione e il rientro in società. Non sempre però questo pone fine alla malattia, infatti molte persone lamentano malessere e disturbi di vario genere anche a diversi mesi dalla guarigione.
Da qui nasce il termine di sindrome ‘long covid’, ovvero tutte quelle manifestazioni che si presentano frequentemente (3 su 4 delle persone) per un lungo periodo di tempo post infezione.
A più di un anno dall’inizio della pandemia cominciano ad emergere i primi studi che mettono in evidenza la gravità di questa sindrome.

Un primo studio ha dimostrato come i pazienti COVID possano presentare complicanze come miocardite, aritmie cardiache e altre sequele che interessano il cuore a distanza di settimane dall’aver contratto il virus. Questa condizione, riscontrata nel 37% dei pazienti, può spiegare come alcuni di loro lamentino dolori al petto, affanno o tachicardia.
Altri piccoli studi evidenziano l’affanno persistente come sintomo maggiormente ricorrente in pazienti guariti da COVID. Questa condizioni, oltre alla spiegazione sopra citata, trova le sue radici in anomalie strutturali dei polmoni stessi. Sono state infatti riscontrate condizioni di fibrosi (cicatrizzazione a livello polmonare) che incidono enormemente sulla capacità respiratoria della persona, ponendo grandi limiti anche alle attività quotidiane (come salire le scale, fare la spesa o una camminata) e soprattutto durante l’attività motoria anche a bassa intensità.

Chi soffre di sindrome post covid ha inoltre descritto sintomi neurologici, come vertigini, cefalee, perdita di gusto, olfatto ecc… In aggiunta ci sono riscontri anche di encefaliti (infiammazione cerebrale), attacchi di tipo epilettico anche dopo diversi mesi dall’infezione. Inoltre, ci sono forti timori che i pazienti affetti da sindrome post COVID possano sviluppare encefalomielite mialgica/sindrome da stanchezza cronica, condizione già collegata ad un altro coronavirus, quello della sindrome respiratoria acuta grave (SARS).

Per ultimo, ma non per questo meno importante, è il monitoraggio della salute mentale. Indubbiamente gli effetti psicosociali a lungo termine dovranno ancora essere approfonditi. Ansia, depressione e persino disturbo post traumatico da stress sono tra le condizioni più riscontrate.

Fortunatamente la comunità scientifica è sempre più consapevole della sindrome da long covid e a questo proposito sono sempre più presenti sul territorio centri multidisciplinari in cui la persona può essere seguita passo pas so per tutto il percorso riabilitativo.

 

Trattare il Long Covid con l’Osteopatia

In questi casi il ruolo dell’osteopata è fondamentale. Grazie alla sua visione olistica riesce ad inquadrare quelle che sono le problematiche del paziente e, se rientrano nei suoi ambiti di competenza, può agire in maniera incisiva. Diversamente sarà in grado di consigliare la figura professionale migliore a cui rivolgersi.
Durante i trattamenti, l’osteopata andrà a rimuovere tutte le restrizioni di mobilità che si sono create nel periodo dell’infezione mettendo il corpo in condizioni ottimali per ritrovare lo stato di salute.

Successivamente andrà a lavorare sulla meccanica respiratoria e tutte le strutture annesse, dal punto di vista sia muscolo-scheletrico (colonna vertebrale, coste, diaframma, mm intercostali e accessori) che neurologico (vago, frenico) e vascolare in modo da ridare mobilità ai tessuti che sono andati incontro a fibrotizzazione.
Attraverso queste semplici manovre abbinate ad una corretta attività motoria si può ottenere un miglioramento della dinamica respiratoria, un ripristino della resistenza cardio-vascolare e una corretta mobilità articolare che porteranno ad una migliore qualità della vita.

Gli effetti dell’Osteopatia sul sistema respiratorio sono riportati qui Osteopatia e Problemi Respiratori

E se sono stato intubato?

Alcune persone con COVID19 purtroppo presentano condizioni critiche e necessitano di intubazione orotracheale. Durante questa procedura, fondamentale per la sopravvivenza del paziente, è molto facile irritare le zone di passaggio degli strumenti: bocca, faringe e laringe.

I sintomi clinici riscontrati più frequentemente nei pazienti post estubazione sono

  • DISFONIA
  • DOLORE AL COLLO
  • RAUCEDINE (alterazione della voce normale)
  • DISFAGIA, EDEMA ALLE CORDE VOCALI
  • INDEBOLIMENTO DEI MUSCOLI DELLA LINGUA

Anche in questo caso l’osteopatia può essere di grande aiuto. Ciò che accumuna tutte queste sintomatologie è la perdita della corretta funzionalità delle strutture del laringo-faringe. Questa problematica, dovuta a traumi da intubazione, provoca uno stato infiammatorio della loggia cervicale che col tempo può andare incontro a cronicizzazione.
In questi pazienti, oltre a fare tutte le considerazioni osteopatiche sopra citate, si avrà un occhio di riguardo per l’intera loggia cervicale, per il pavimento buccale, la lingua e le fasce extra-craniche.

Ricordiamo, per ultimo, che qualunque trattamento osteopatico ha la caratteristica peculiare di riequilibrare la bilancia neuro-vegetativa e di abbassare l’indice infiammatorio, entrambi protagonisti nella sindrome ‘long covid’.